Come gestire una piantagione

Si parte dal terreno. E’ importante eseguire un’attenta valutazione dei parametri, controllando  granulometria, ph, humus, fosforo, carbonato,  azoto. La qualità del terreno è uno dei parametri da cui dipenderà la quantità e la qualità dei tartufi stessi.

Se il terreno risulterà idoneo,  sarà possibile piantare piante micorrizate, piante cioè che presentano spore di tartufo.

Quando piantare?

E’ preferibile in primavera oppure in autunno.

Come avviene la produzione di piante micorrizate?

Un esperto segue in vivaio specializzato  tutto il processo di micorrizazione, dalla posa dei semi della pianta alla inoculazione con specie di tartufo pregiate del territorio  le cui spore vengono direttamente prese da tartufi macinati. Poi le spore si uniscono alle radici della pianta  e nasce  la micorrizia. In ogni fase della inoculazione, nonché durante tutto il periodo di permanenza delle piante in vivaio, è assicurato un elevato grado di asetticità per evitare qualsiasi tipo di inquinamento con spore di funghi antagonisti.

Che fare una volta piantate?

Per la coltivazione dei tartufi è necessario rimuovere erbe che possano ostacolare la crescita del tartufo, utilizzando solo attrezzi manuali, irrigare solo in periodi di secca e combattere i parassiti con metodi naturali. Tra l’ottavo e il decimo anno si raggiunge l’apice produttivo che persiste per diverse decine di anni se apportate le necessarie cure colturali. E’ bene sottolineare che i tartufi coltivati sono uguali ai tartufi esistenti in natura sia dal punto di vista scientifico morfologico e biomolecolare che anche organolettico.

I costi

L’attività della produzione di tartufi  è alla portata di qualsiasi imprenditore agricolo che non avrà certo incognite di mercato: va da sé che la commercializzazione del prodotto è estremamente facile.

Prevedendo 450/600 piante per ettaro di terreno,  l’investimento è di circa 5000/8000 euro e la tartufaia, in base all’andamento stagionale, può raggiungere in piena produzione anche oltre i 100 kg/ettaro.

Read More

Come piantare e gestire le piantine micorrizate

Se desiderate coltivare le piante da tartufo in una tartufaia è importante che almeno un anno prima eliminiate dal terreno alberi e arbusti preesistenti per evitare interferenze alle nuove micorrize, nonché pietre e sassi che potrebbero ostacolare le successive lavorazioni. Poi si lavora il terreno con un aratro fino a 50 cm di profondità e si lascia riposare la terra fino alla settimana precedente l’impianto, momento in cui si fresa per eliminare le erbacce.

Dato che uno dei punti cruciali per la buona riuscita del tartufo è il giusto grado di umidità del terreno, un occhio di riguardo – sempre durante l’anno di assestamento del suolo – va dedicato al drenaggio del suolo, che deve consentire di smaltire rapidamente l’acqua in eccesso, pur conservando un terreno sufficientemente umido.

La densità e i sesti d’impianto delle piantine micorrizate dipendono dal loro sviluppo da adulte, e dalle esigenze del tartufo. Visto il costo delle piante, è preferibile stabilire fin da subito la densità definitiva del bosco, in modo da evitare successivi diradamenti. Gli arbusti, come il nocciolo, ma anche alcune varietà di carpino e di salice, sopportano una densità superiore a quella in genere adottata per i grandi alberi (farnia, rovere, tiglio ecc.). Quanto alle specie, il tartufo nero pregiato, il bianchetto e lo scorzone gradiscono “un posto al sole”, e quindi necessitano di una copertura arborea di media entità.

Nella creazione della tartufaia si possono effettuare interessanti compromessi. Per esempio, l’impiego di piante simbionti a rapido sviluppo e poco longeve (noccioli, saliconi e pioppi) da affiancare a piante di lento accrescimento la cui produttività è tuttavia molto durevole nel tempo. In questo modo ci si assicura una rapida entrata in produzione ma anche una lunga vita della tartufaia. Bisogna però prevedere, sin dal momento dell’impianto, quale sarà l’assetto della tartufaia quando si dovrà eliminare una parte delle piante per “raggiunti limiti d’età”.

Oppure si possono utilizzare sia piantine micorrizate che non micorrizate, per ottenere in breve tempo una buona copertura della vegetazione senza spendere grosse cifre. In questo caso, si scelgono le piantine non micorrizzate fra le specie “comari” (frassini, aceri, sanguinello, prugnolo ecc.), sicuramente prive di funghi antagonisti al tartufo.

Oltre alla densità, sono importanti anche i sesti d’impianto, per i quali si consigliano distanze di 2-3 m sulla fila e di 7-10 m tra le file. Sembra infatti che le distanze ravvicinate sulla fila favoriscano l’anticipo della produzione, stimolata dal contatto fra le radici.

Dopo la piantagione è importante seguire le piantine micorrizate come si farebbe con qualunque albero o arbusto, bagnandole in abbondanza se non piove per un certo periodo. Trascorso il primo anno dall’impianto il bosco tartufigeno richiede solo un paio di sfalci l’anno con il decespugliatore e, nell’arco di un paio d’anni si può iniziare a passeggiare con il cane da tartufo: prima o poi, annuserà il terreno e scodinzolerà scavando.

Come coltivare il tartufo: il giardino

Nel più frequente caso in cui abbiate a disposizione solo un giardino (in zona vocata, e che non abbia terreno di riporto, che falsa le caratteristiche del suolo) di almeno 200 mq, è possibile mettere a dimora tre o quattro piante micorrizate, che aumentano di due unità ogni 100 mq in più. Mettere a dimora meno di tre piante non è conveniente a livello di produzione: ci vorrebbero 15-20 anni per avere un numero di tartufi sufficiente a soddisfare i desideri di una famiglia golosa.

Dopo l’analisi del terreno vengono le pratiche colturali indispensabili, circoscritte ai punti in cui le piante micorrizate verranno messe a dimora: ovviamente non devono esserci già altri alberi o arbusti; la buca, larga e profonda circa 50 x 50 cm, va scavata almeno un paio di mesi prima della messa a dimora; sul fondo bisogna mettere circa 10 cm di ghiaia o pietrisco per il drenaggio e come terra di riempimento bisogna riutilizzare quella levata dalla buca, senza aggiunta di concime. La distanza fra le piante deve essere di almeno 7 m nel caso degli alberi, e di almeno 4 m se si pianta un nocciolo. È consigliabile aggiungere nelle vicinanze anche gli arbusti “comari”, sempre rispettando i 4 m di distanza.

Le piantine vanno seguite come normali arbusti e alberi, mantenendole ben irrigate per tutto il primo anno. Subito dopo si inizia l’addestramento o l’allenamento del vostro cane in modo che, dal terzo anno, sia pronto a scovare il prezioso prodotto sotterraneo.

Read More

Come gestire un alveare!

Se avete intenzione di produrre del buon miele allevando qualche colonia di api dovete considerare vari fattori. La cosa più importante in assoluto è scoprire quali sono le vostre reazioni in caso di puntura di uno di questi animali. Nel caso reagiate male alla puntura di questi insetti decidere di allevarli potrebbe risultare molto pericolo.

L’allevamento presuppone avere a disposizione l’attrezzatura necessaria per poterle tenere, per poter poi estrarne il miele e per la sciamatura.  L’attrezzo principale che dovete procurarvi è la tuta per apicoltore, la quale dovrà proteggervi integralmente per evitare le punture dei vostri animali. Quindi il completo comprende la tuta con il velo frontale, i guanti, gli stivali in gomma per infilare i pantaloni. Quando maneggerete le api ricordate che si arrampicano verso l’alto e quindi potrebbero salire attraverso le maniche, dovrete procurarvi anche un affumicatore per poter calmare le api. Per le api avrete bisogno dell’ arnia e di un attrezzo per la rimozione dei telai.

Passo successivo procurarsi un nucleo di api con all’interno un’ape regina che deponga le uova. Una colonia media è formata di circa 40.000 esemplari.

Per l’acquisto delle api consigliamo di rivolgervi ad un apicoltore locale, infatti questi animali sono  abituati a certe zone e alle sue caratteristiche climatiche. Quindi per avviare una colonia dovrete procurarvi un nucleo. Il nucleo è una minicolonia di circa 5.000 api con un’ape regina che depone le uova. Assicuratevi che la regina deponga effettivamente le uova altrimenti la colonia non riuscirà a crescere e durare nel tempo.

L’arnia la dovrete posizionare in una zona tranquilla senza passaggio di persone, possibilmente non sotto a grandi alberi che potrebbero inumidire l’arnia stessa e disturbare la colonia. Una volta scelto il luogo dove terrete le arnie dovrete inserirvi le api.

Il nucleo dovrà essere posto al centro della casetta inferiore, quella inferiore dovrà rimanere vuota. Lo scopo iniziale infatti non è la produzione di miele, ma la formazione della colonia. Durante il primo anno sarà dunque difficile ricavare del miele dal vostro allevamento, ma se le condizioni meteo lo permetteranno è possibile che nel mese di luglio qualche Kg lo possiate ottenere. Inizialmente dovrete ispezionare l’arnia ogni quindici giorni per assicurarvi che la regina covi e per controllare se vi sono  celle dell’ape regina. Se ce ne sono le riconoscerete perché sono  molto più grandi rispetto alle altre e se le trovate le dovrete togliere altrimenti la colonia sciamerà.

Quando avrete superato il primo periodo nella vostra arnia comincerà a formarsi il miele, il quale viene formato dalla api dall’inizio alla fine dell’estate. Per estrarlo dovrete mettere una tavola con un’uscita a  senso unico sopra i melari e, quando le api saranno scese nelle cassette inferiori dovrete togliere i telai superiori, i quali dovrebbero essere pieni di buon miele. Per estrarre il miele dovrete prima raschiare gli opercoli di cera. Quindi dovrete centrifugare, con un apposito macchinario, i telai, dai quali si estrarrà il miele. Una volta estratto il miele bisognerà filtrarlo e a quel punto potrete versarlo su dei vasetti per il consumo finale.

Uno dei pericoli che potrebbe verificarsi nelle vostre arnie è la sciamatura delle api. Quindi dovrete cercare di evitare che questo avvenga. Le api sciamano soltanto se l’arnia diventa troppo affollata o se nasce una nuova regina. Nel caso sciamassero circa metà delle vostre api potrebbero volare via. In quel caso avrete un giorno di tempo per trovarle e riportarle all’interno della loro casetta. Passato questo tempo sarà per voi difficile recuperarle.

Come si fa per raccogliere uno sciame? Dovrete collocare un foglio bianco sul terreno sotto allo sciame, e con un cesto di paglia o altro contenitore dovrete posizionarvi proprio sotto allo sciame, scuotendo il ramo o la zona dove sono attaccate le api. A quel punto rovescerete il cesto nel foglio bianco. Dopo un oretta dovrebbero trovarsi tutte dentro al vostro contenitore. Avvolgendo il cesto con il foglio dovrete portare le api presso una nuova arnia.

Read More

Apicoltura e cambiamenti climatici

Le api – gravemente minacciate dai pesticidi e dal cambiamento climatico – sono il simbolo di un ecosistema confuso: le temperature invernali, miti rispetto alla media di stagione, destabilizzano i preziosi insetti impollinatori, che iniziano a sciamare come fosse primavera.
Fuori però non ci sono fiori su cui posarsi e succhiare il nettare.

Una situazione che sta allarmando gli apicoltori europei : “Le api credono che sia arrivata la primavera e la regina ricomincerà a deporre le uova con conseguente crescita della colonia. Poi tornerà un periodo di freddo durante il quale la colonia si stringerà di nuovo. Potrebbero non esserci abbastanza api per riscaldare la covata che è stata deposta. Quindi, parte della covata che potrebbe morire. L’ideale sarebbe avere un buon periodo freddo per 2-3 mesi. Ma il caldo e poi il freddo distruggono le colonie“.

Read More